Père Laurent, Liffredo: «Nessun nuovo ospite dal 27 marzo»
Risponde così il responsabile della struttura per anziani di Aosta ai timori avanzati dal M5S e segnalati alla procura
Père Laurent: il responsabile della struttura per anziani di Aosta Massimo Liffredo nega l’arrivo di nuovi ospiti. A paventarlo il M5S.
«Le due nuove ospiti di cui tanto si parla sono arrivate il 27 marzo secondo quanto disposto dalla Commissione regionale che dispone gli inserimenti nelle microcomunità regionali e convenzionate». Ricorda che l’ordinanza di quarantena è arrivata il 30 marzo «quando è stato disposto il tampone per tutti gli anziani». Intanto è salito a 19 il numero dei morti.
Le precisazioni dalla Regione
Così nel comunicato dell’amministrazione regionale. «In particolare, nel caso specifico, le due sorelle gemelle, non disabili, vivevano a Valsavaranche ma, a seguito di una difficile situazione familiare, già conosciuta anche dal sindaco e dalle forze dell’ordine, è stato necessario attivare la procedura urgente di inserimento in una struttura socio-assistenziale. Tale procedura, però, ha richiesto più tempo del previsto in quanto è stato necessario eseguire i tamponi per il Covid-19 e averne il relativo referto negativo.
Nel frattempo, le signore sono state inviate al pronto soccorso dell’ospedale Parini di Aosta e da lì, a seguito della disponibilità di accoglienza da parte della struttura e non potendo fare ritorno al proprio domicilio per le problematiche familiari, sono state inserite al Refuge Père Laurent di Aosta. Pertanto la procedura è stata interamente rispettata e deve essere fatto un plauso agli Operatori sanitari, sociali, al Sindaco del Comune di Valsavarenche e agli operatori delle Forze dell’Ordine, che si sono tutti prodigati per risolvere la problematica».
Le indagini
Proprio il numero dei morti ha allarmato le operatrici sanitarie e i parenti che hanno denunciato la situazione. Tanto che la procura di Aosta ha aperto un fascicolo e affidato ai Nas i primi accertamenti in merito alla situazione di emergenza segnalata nella struttura socio-assistenziale per anziani del capoluogo gestita dalla diocesi di Aosta.
Nella giornata di ieri , mercoledì 1 aprile, il pm Francesco Pizzato ha incaricato i militari di acquisire la documentazione, anche clinica, e di verificare le situazioni denunciate da lavoratori e familiari degli anziani assistiti, per valutare la sussistenza di eventuali ipotesi di reato. Al momento, vista la situazione emergenziale legata alla diffusione del coronavirus, non saranno sentite le persone informate sui fatti (come il personale). L’inchiesta è al momento senza indagati né ipotesi di reato (un ‘modello 45’) ed è stata aperta d’ufficio.
Il responsabile della struttura per anziani Liffredo a Gazzetta Matin aveva ammesso che «rispetto al solito nell’ultimo mese e soprattutto nelle ultime due settimane abbiamo registrato molti più decessi. Ma da qui a affermare che si tratta di decessi per coronavirus ce ne passa. Non sono stati fatti tamponi se non a persone che accusavano problemi respiratori. Posso anche dire che alcuni stati febbrili sono rientrati, mentre le persone più fragili non ce l’hanno fatta».
Il grido di allarme per le operatrici
A lanciare il grido d’allarme via Facebook Valentina Cera, 22 anni di Aosta, la cui mamma è stata contagiata proprio al Père Laurent.
Scrive. «A differenza di altre strutture, le visite ai parenti sono state interrotte solo con l’ultimo decreto del 12 marzo e nessuno degli operatori è stato dotato dei dispositivi di sicurezza necessari. Avevano solo delle mascherine chirurgiche, i guanti e come camici dei sacchi della spazzatura». La mamma di Valentina tramite il marito riesce a recuperare alcune mascherine con il filtro. «Il coordinatore ha chiesto loro di continuare a lavorare, rassicurandoli che la situazione era sotto controllo. L’unica cosa che ha chiesto loro era di misurarsi la febbre prima di iniziare a lavorare, ma pazienti e oss usavano tutti lo stesso termometro».
Oltre alla mamma di Valentina, anche il papà è risultato positivo al virus. E’ a casa per le cure domiciliari. «Non è possibile mandare la gente così a lavorare senza protezioni” denuncia Valentina. “Io prego Dio che mia mamma guarisca, ma voglio che qualcuno paghi per gli errori commessi».
(da.ch.)