Infiltrazioni negli appalti, il questore di Aosta: «Dal 2015 a oggi 9 interdittive antimafia»
Ivo Morelli è stato audito dalla I Commissione consiliare.
Dal 2015 a oggi, in Valle d’Aosta si sono registrate nove interdittive antimafia. Lo ha comunicato il questore Ivo Morelli al termine dell’audizione in I Commissione consiliare impegnata in una serie di audizioni nell’ambito dell’acquisizione di elementi conoscitivi sul fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata in Valle d’Aosta e sulla proposta di legge per l’istituzione dell’Osservatorio permanente sulle associazioni criminali di tipo mafioso.
Precisa il questore: «Sei interdittive riguardano società che trattano movimento terra ed edilizia. Nove interdittive non mi sembrano molte, pur essendo la Valle d’Aosta una regione di piccole dimensioni. Il numero è proporzionato al fenomeno e il livello economico qui è molto legato ad attività turistiche e al movimento terra, pensiamo alle frane o alla sistemazione di grandi strutture pubbliche. Il rispetto delle regole è fondamentale».
Oltre alla «massima trasparenza e pubblicità», secondo Morelli è necessario rispettare la «formalità». Cioè, deve entrare in gioco «la deontologia del politico o dell’amministratore comunale. Andare a pranzo o a cena con chi deve fare un lavoro non è opportuno. È vero che non è scritto da nessuna parte che non puoi farlo, ma non è opportuno».
Sempre riguardo al tema degli appalti, «come si accede a una gara d’appalto è notorio. Le verifiche sono numerose e bisogna farle con attenzione – continua il questore -. Stiamo lavorando per verificare le interdittive antimafia. Bisogna stare attenti a non affidare lavori parcellizzando l’impegno economico per evitare di fare una gara pubblica. Inoltre, bisogna affidarsi a società filtrate», cioè quelle presenti nella white list.
Morelli ha parlato anche del fatto che i 74 comuni presenti in Valle, configurando una grande frammentazione amministrativa, potrebbe generare un terreno fertile all’infiltrazione. «Per gestire e amministrare comuni che son distanti, l’un dall’altro, venti minuti e che hanno duemila abitanti, probabilmente basterebbe una struttura amministrativa e due basi politiche. Con un comune tratto un lavoro da 20 mila euro, se tratto in tre comuni devo fare 60 mila, e magari devo fare una gara. Delle piccole cose che, messe insieme, creano la facilità».
Insomma, la struttura dovrebbe essere «snellita, o raccordata per diverse realtà». In questo senso, «il politico ha i contatti, dà le direttive, ma poi è chi gestisce l’appalto e l’affidamento dei lavori che deve eventualmente rilevare se ci sono delle forzature anche di tipo politico».
(f.d.)