Targa per Giovanni Selis: tra passi avanti e frecciate
La Quarta commissione ha parzialmente accolto il testo presentato da Libera VdA per la targa che dovrà comparire in via Monte Vodice. Velatamente polemico Etienne Andrione: «Personaggio forse non meritava santificazione»
Qualche velata scaramuccia, qualche parola da ritoccare, ma un messaggio che in linea di massima dovrebbe essere confermato. In questo contesto si avvicina a grandi passi la posa di una targa in via Monte Vodice per ricordare l’attentato che, il 13 dicembre 1982, colpì l’allora pretore di Aosta, Giovanni Selis, che rimase solamente ferito nell’esplosione della sua 500.
La riunione di giovedì della Quarta commissione, insomma, ha recepito quanto deciso all’unanimità nell’ordine del giorno approvato in Consiglio comunale e, con l’audizione della referente di Libera Valle d’Aosta, Donatella Corti, ha provato a imprimere un’accelerazione alla trafila.
Nelle intenzioni, la targa dovrebbe comparire sul luogo dell’accaduto proprio il prossimo 13 dicembre, a 37 anni da quella che è stata la prima autobomba in Italia destinata a un magistrato.
La frase
Concordi sulla necessità di «ricordare» commissari e consiglieri “ospiti”, ma non è mancata qualche frecciatina per alcuni passaggi della frase che comparirà sulla targa: «Il 13 dicembre 1982 alle ore 8.30 esplose qui la prima autobomba della storia italiana contro un Magistrato, Giovanni Selis, che scampò miracolosamente all’attentato. Vogliamo ricordare in questo modo la sua tenacia e il suo impegno per la Giustizia, il suo amore per la verità e per la Valle d’Aosta».
«Fatti storici che vanno recuperati»
È onorata e felice per la decisione Donatella Corti: «Nel testo abbiamo voluto evidenziare la prima autobomba della storia contro un magistrato, vogliamo tenere viva la memoria di un atto – sottolinea la referente di Libera VdA -. Selis scampò miracolosamente, solo perché il motore della sua 500 era posteriore; la targa non risolve niente, ma ci sono fatti storici che vanno recuperati».
Manco a dirlo l’idea nasce anche da Geenna. «La cosa forse è un po’ tardiva, ma a volte il passato torna d’attualità – dice Corti -. Nelle intercettazioni di Geenna, per la prima volta si trova uno stralcio su questo fatto: ci ha fatto drizzare le antenne e abbiamo pensato che fosse doveroso ricordare. Di solito ricordiamo le vittime innocenti, ma era giusto onorare una persona importante per la Valle; la famiglia era commossa».
Il dibattito
Non è mancato, come detto, il dibattito. Il presidente della Quarta commissione, Antonio Crea, ha sottolineato come la proposta sia «molto apprezzata» e ci sia piena volontà da parte dell’amministrazione di «ricordare una persona molto disponibile e aperta».
Crea evidenzia come si tratti di «momenti da affrontare», anche perché «tornano in un momento delicato, in cui i ruoli pubblici non sempre vengono rispettati».
La commissaria Carola Carpinello pone l’accento sulla necessità di «fare in modo che quanto scritto sia chiaro e serva da memoria – dice -. Magari potrà invogliare qualcuno a seguire la strada e a ricercare la verità».
Michele Monteleone sottolinea come sia «giusto che la targa venga messa lì», anche se forse è in una zona «meno visibile». «Fu un fatto eclatante per la realtà valdostana – ricorda ancora Monteleone – e sarebbe giusto concludere l’iter proprio il 13 dicembre per onorare ancor più la memoria».
«No a santificazione»
Non si nega qualche appunto anche piccato il consigliere della Lega Etienne Andrione: «Non mi esprimo sulla santificazione di un personaggio che, forse, non la meritava – dice -. Era anche un pretore d’assalto che fece atti poi cassati dal punto di vista giudiziario. Sono pienamente d’accordo sul ricordo dell’attentato, anche se la parola “miracolosamente” appare esagerata, non fu provato che l’attentato fosse destinato a uccidere. Per molti fu un avvertimento volto a destabilizzare: come dimostrato con Rocco Chinnici, quando vogliono uccidere ci riescono tranquillamente».
Ribatte il presidente di commissione, Antonio Crea: «Che sia intimidatorio o altro, è un atto che va condannato – esclama -. Questo è stato l’inizio di una lunga spirale di violenza».
Chiosa Donatella Corti: «È complicato risalire alla verità storica, ma pensiamo che una persona impegnata per il bene della Valle vada ricordata – conclude -. È un attentato, indipendentemente dagli esiti avuti e a prescindere da luci e ombre, vogliamo evidenziare la tenacia della persona, senza santificarla, ma semplicemente ricordandola. La targa può stimolare la ricerca della verità: ricordiamo che Bruno Caccia fu ucciso poco dopo».
(alessandro bianchet)