Antenna Sylvenoire: Tar rigetta il ricorso di 16 abitanti del villaggio
L’antenna di Sylvenoire (o meglio il pennone) c’è e resta lì, dove è stata regolarmente costruita. Lo ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta rigettando il ricorso che, l’8 ottobre 2018, era stato depositato dal gruppo di abitanti del villaggio contrari al provvedimento del Suel che ha autorizzato l’installazione di un’antenna per le radio telecomunicazioni alle porte del Parco Nazionale del Gran Paradiso e – secondo i ricorrenti – in un luogo troppo vicino alle case.
Il caso
Il caso era scoppiato nel mese di agosto (2018), quando i proprietari erano venuti a conoscenza dell’apertura di un cantiere per la realizzazione di un’antenna di radio telecomunicazioni posta a 50 metri dalle prime abitazioni della frazione, attivato a seguito del rilascio di relativa autorizzazione da parte del SUEL in favore della Società Galata s.p.a. La vicenda va comunque avanti da parecchi anni, vista la necessità di sostituire un’antenna provvisoria posizionata nel 2000 dopo l’alluvione.
La pronuncia del Tar
La parte ricorrente denunciava il fatto che l’impianto, contrariamente a quanto riferito in progetto, insisteva su di una zona caratterizzata da erbe e cespugli bassi (e non a ridosso di alberi di alto fusto). In aggiunta, secondo i 16 ricorrenti, l’antenna sarebbe posizionata a una distanza di appena 30/35 metri dalle abitazioni. Per il collegio presieduto da Andrea Migliozzi, «le dedotte doglianze non sono condivisibili». Nella sentenza, i giudici amministrativi precisano che «la struttura viene a posizionarsi in un contesto boschivo, caratterizzato da folta vegetazione e da alberi di alto fusto». Questa circostanza sarebbe confermata «dai dati forniti dal sindaco di Aymavilles in sede di conferenza dei servizi in cui, nell’indicare i motivi della disposta localizzazione, riferisce che la struttura “è posizionata a ridosso di un bosco di alto fusto anche per un miglior mascheramento della visuale dell’antenna”».
Per quanto riguarda la questione della distanza dalla abitazioni, «anche qui si tratta di circostanze genericamente esposte e che comunque attengono a problematiche all’attualità non sussistenti – quella dei limiti di esposizione ai rischi connessi alla radiodiffusione -. Profili che allo stato non sono rilevabili se non, eventualmente, in relazione alla successiva attivazione delle radiodiffusione una volta apposti sul palo di carpenteria metallica gli apparati di radio telecomunicazione». Inoltre «la scelta localizzativa dell’amministrazione comunale è avvenuta conformemente alle previsioni urbanistiche recate da variante al PRG per un’area già normativamente già prevista, in base a una indicazione non fatta oggetto a suo tempo da parte degli interessati di contestazione giudiziale e neppure di osservazioni di tipo partecipativo. D’altronde – scrivono ancora i giudici – l’opzione alternativa genericamente formulata da parte ricorrente appare sorretta da valutazioni di opportunità nella misura in cui l’allontanamento dell’impianto dall’area appare volta unicamente a soddisfare i desiderata dei ricorrenti, senza dimostrazione alcuna in ordine al fatto che lo “ spostamento” in altro luogo sia idoneo a risolvere problematiche di tipo ambientale o quelle connesse all’esposizione a campi elettromagnetici». Riguardo al tema «della salubrità fisica e dell’ambiente è necessario far presente che il parere dell’Arpa deve intervenire» al «momento in cui si darà vita all’emissione delle onde elettromagnetiche».
La condanna
Il Tar ha anche condannato i ricorrenti (in solido tra loro) al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano complessivamente in 3 mila euro: mille euro in favore del comune di Aymavilles, mille euro in favore dell’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso e mille euro in favore di Galata s.p.a
(f.d.)