Ornella Vanoni, la signora della musica incanta il Forte
Un'ora di concerto per concludere «una giornata di merda», la cantante non si risparmia ma stremata non concede i bis
«Oggi è stata una giornata di merda. Si è allagata la casa e mi hanno portato via la macchina, ma non potevo non venire qui a cantare». Ornella Vanoni sale a fatica i tre gradini che la portano sul palco della Piazza d’Armi, al Forte di Bard, accompagnata dal suo barboncino, ma raggiunto il microfono si trasforma: rimbrotta il fonico per l’asta alta, il pianista perché lascia troppi vuoti tra una canzone e l’altra -«se loro non applaudono tu devi partire» dice chiamando, inevitabile, l’applauso-, sale e scende dallo sgabello, agita le mani in aria e con gesti sensuali si sistema la t-shirt e arriccia una ciocca di capelli tra le dita.
E la voce.
Immutabile, senza segni del tempo, calda e avvolgente.
Ornella Vanoni ha incantato il pubblico, oltre 420 persone, che ieri sera non hanno voluto perdersi l’occasione per ascoltare dal vivo la più grande interprete della canzone italiana.
La mia storia
Una donna libera, schietta, senza peli sulla lingua: «Il concerto si chiama “La mia storia” ma è lunghissima, avete voglia di sentirla tutta?» E parte: «Sono cresciuta in una famiglia bene di Milano, studiavo lingue, poi teatro al Piccolo di Milano, ho conosciuto Strehler che si è innamorato di me: i miei genitori piangevano e a Milano tutti mi guardavano male…» Ed è Giorgio Strehler che le ha regalato Ma… Mi, canzone partigiana, canzone della mala, con cui Ornella Vanoni ha aperto il concerto.
I successi
Poi via ai grandi successi, un po’ raccontando, un po’ accelerando: L’appuntamento, la straziante Io so che ti amerò, Domani è un altro giorno, Rossetto e cioccolato, fino agli omaggi ai compagni e agli amici di una vita, Gino Paoli e la sua Senza fine, il Caruso di Lucio Dalla, Vedrai Vedrai di Luigi Tenco, ma anche Gaber e Iannacci.
Un’ora, poi si allontana dal palco, scende, accompagnata, i tre gradini e se ne va. Non uscirà per i bis previsti, né per salutare il pubblico che la chiama a gran voce.
Non ha bisogno di farlo.
(erika david)