Cambiamenti climatici, famiglia valdostana intenta causa all’UE
Cambiamenti climatici, anche una famiglia valdostana nella causa intentata contro l’UE per “l’inadeguatezza del target di riduzione delle emissioni di CO2 al 2030”.
Tra le 10 famiglie ricorrenti che si sono rivolte alla Corte di Giustizia europea anche quella italiana di Giorgio Elter, che ha raccontato la sua esperienza e la sua storia questa mattina, martedì 29 maggio, a Torino nel corso di una conferenza stampa nella la sede di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, a cui sono intervenuti anche il vicepresidente nazionale di Legambiente Edoardo Zanchini, il presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta Fabio Dovana e Barbara Pozzo, professore ordinario Dipartimento di Diritto, Economia e Culture dell’Università degli Studi dell’Insubria.
L’azione legale
L’azione legale della famiglia Elter è sostenuta da Legambiente, che è membro di Climate Action Network Europe. “L’Italia – si legge in una nota – sta facendo troppo poco, e troppo lentamente, per ridurre le sue emissioni di CO2, come dimostrano i dati che riportano addirittura un aumento nel settore energetico – hanno dichiarato Edoardo Zanchini e Fabio Dovana, rispettivamente vicepresidente nazionale di Legambiente e presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta -. Dobbiamo rafforzare l’azione per il clima e innalzare gli obiettivi UE 2030 in coerenza con l’accordo di Parigi. Legambiente sostiene pienamente l’azione legale della famiglia Elter, che può aiutarci a mobilitare i cittadini e a esercitare una crescente pressione sui governi affinché adottino politiche ambiziose in materia di clima ed energia e perché l’Europa diventi un esempio internazionale. Siamo spesso abituati a pensare alle conseguenze dei cambiamenti climatici come a qualcosa di molto lontano nel tempo e nello spazio, ma le storie di queste famiglie fanno ben comprendere come gli effetti del surriscaldamento del Pianeta siano molto attuali e vicine a noi”.
10 famiglie ricorrenti
Le 10 famiglie che stanno facendo causa all’UE provengono da Germania, Portogallo, Romania, Francia, Italia, Svezia e da altri paesi non europei e ritengono che la riduzione delle emissioni nazionali di gas serra di un minimo del 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 sia inadeguato a far fronte alla concreta necessità di prevenire il rischio climatico e insufficiente a proteggere i loro diritti fondamentali di vita, salute, occupazione e proprietà. Esse sostengono che, a fronte di quanto sancito dal diritto europeo e internazionale, questo obiettivo di riduzione sia troppo basso; sottolineano che l’Unione ha il dovere legale di non causare danni e di proteggere i diritti fondamentali dei suoi cittadini. Nel consentire ulteriori emissioni e non esercitando il proprio potere decisionale al meglio delle possibilità, la Ue sta invece ledendo i loro diritti fondamentali. Chiedono alla Corte di sancire che la questione del cambiamento climatico ricade nella sfera dei diritti umani e che la Ue ha la responsabilità di proteggere i loro diritti, quelli dei loro figli e delle future generazioni. Le famiglie ricorrenti, le cui condizioni di vita sono tra quelle che gli effetti del cambiamento climatico mettono più a rischio, sono:
- genitori che vivono in piccole isole al largo della costa tedesca del Mare del Nord le cui condizioni di salute, proprietà e occupazione (come l’agricoltura e i servizi turistici) sono e saranno messe in pericolo dall’innalzamento del livello del mare e dalle mareggiate che raggiungono aree più interne;
- figli e genitori che vivono nel sud della Francia e nel sud del Portogallo le cui condizioni di salute, proprietà e occupazione (come l’agricoltura) sono messe in pericolo da ondate di calore e siccità;
- figli e genitori che vivono sulle Alpi italiane le cui proprietà e opportunità occupazionali (come i servizi turistici) soffrono per l’assenza di neve e di ghiaccio;
- figli e genitori che vivono nei Carpazi rumeni, i cui mezzi di sostentamento e la cui occupazione tradizionale (come l’agricoltura e la pastorizia) sono messi a repentaglio dalle temperature più elevate e dalla penuria di acqua;
- figli e genitori che vivono nel Kenya settentrionale, la cui salute e istruzione sono danneggiate da ondate di calore, siccità e desertificazione.
Queste famiglie sono accompagnate in questa azione da numerose ONG, da avvocati e scienziati, che credono fermamente che l’UE possa e debba essere più ambiziosa rispetto al suo obiettivo sul clima al 2030. Sono rappresentate dal professore di diritto tedesco Prof. Gerd Winter, dall’avvocato ambientale di Amburgo Roda Verheyen e dall’avvocato londinese Hugo Leith.Gli scienziati del think tank scientifico Climate Analytics forniscono un background scientifico interdisciplinare a questo caso legale per fornire prove chiare di come le famiglie subiscano i cambiamenti climatici e per mostrare che cosa si può fare per ridurre le emissioni oltre l’obiettivo europeo attuale del 40% di riduzione rispetto alle emissioni del 1990 entro il 2030.L’ONG tedesca Protect the Planet sta finanziando tutti i costi legali del caso per evitare che problemi finanziari possano ostacolare l’azione delle famiglie. CAN Europa, cui Legambiente aderisce – la più grande coalizione di ONG in Europa impegnata su questioni climatiche ed energetiche, insieme a oltre 150 organizzazioni in 30 paesi europei, in rappresentanza di oltre 1700 ONG – sostiene la coraggiosa azione delle famiglie ricorrenti e riconosce l’urgenza di agire per proteggere i loro diritti fondamentali.
La famiglia Elter
La famiglia ricorrente italiana vive a Cogne (AO). Gli Elter producono alimenti biologici locali e gestiscono un piccolo bed & breakfast, completamente dipendente dal turismo e in particolare dalle famose opportunità di arrampicata su ghiaccio della regione. La famiglia non è solo testimone dello scioglimento dei ghiacci, ma anche di cambiamenti significativi della temperatura. Il padre Giorgio, ingegnere forestale, sta osservando l’aumento della temperatura e spiega che le erbe e le piante regionali esclusive di altitudini superiori ai 1500 metri non fioriscono più o fioriscono troppo presto a causa dell’aumento delle temperature. Poiché le sementi e le colture locali utilizzate dalla famiglia sono molto sensibili all’aumento della temperatura, la famiglia ha registrato un calo della produzione, oltre a maggiori costi di produzione, quantificabili come una perdita compresa tra il 20 e il 30% delle entrate. Anche la loro attività alberghiera, che dipende dall’arrampicata su ghiaccio, è a rischio, perché qualsiasi alterazione della temperatura rende pericolosa l’arrampicata su ghiaccio. La scienza dimostra che gli impatti climatici nella regione peggioreranno se non verranno prese ulteriori misure.
“Non possiamo vivere e lavorare in un territorio in cui la protezione ambientale è apprezzata per la presenza del Parco Nazionale del Gran Paradiso, pur rimanendo silenziosi agli impatti dei cambiamenti climatici, che mettono in pericolo il futuro dei nostri bambini – spiega Giorgio Elter -. Lo scioglimento dei ghiacciai, che sono la nostra importante riserva di acqua dolce e il nostro unico reddito durante la stagione invernale, non riguarda solo noi; insieme all’aumento della temperatura, causa anche significativi danni alle attività agricole a valle. Questi esempi concreti di come i cambiamenti climatici influenzano la nostra vita quotidiana ci fanno preoccupare per il futuro dei nostri figli. Per noi, questa azione legale è molto importante per sensibilizzare i nostri responsabili decisionali e le istituzioni sovranazionali sulla necessità di adottare azioni e misure più radicali per fermare questi impatti prima prima che diventino irreversibili e sia troppo tardi per tutti noi”.
Per sostenere la decisione delle 10 famiglie di citare in giudizio i legislatori europei e la loro richiesta all’UE affinché tuteli i diritti fondamentali è stata anche lanciata una petizione che si può firmare a questo link: https://act.wemove.eu/campaigns/i-cittadini-contro-l-ue-2
(re.newsvda.it)