L’importanza della riparazione
«Sono un bravo genitore?». Questa domanda assilla non pochi mamme e papà. Un’idea erronea e anche un po’ pericolosa che serpeggia è che si possa ambire alla perfezione genitoriale. Il concetto di perfezione però è già effimero ed irraggiungibile di per sé, figuriamoci quando si parla di genitorialità. I genitori impeccabili non esistono, ma meno male direi! L’eccellenza, così come la ricerca della stessa, è rischiosa ed insidiosa. Diventa totalizzante, ogni passo falso è una caduta in un baratro e si vive il costante terrore di non raggiungere lo standard autoimposto. È estenuante. Manda inoltre un messaggio sbagliato ai figli, poiché di riflesso può portare a pensare che ci si debba conformare, pena il biasimo. La genitorialità non è fatta di comunicazioni perfette o di totale sintonia. È fatta di rotture e riparazioni. Queste ultime sono la parte davvero importante e che fa davvero la differenza. Un buon genitore non è colui che capisce al volo i desideri del figlio e i suoi bisogni, gli sa leggere nella mente e dice sempre di sì. Un ottimo genitore è colui che riesce a risintonizzarsi con il proprio bambino dopo una rottura, un’incomprensione, una difficoltà. È colui che cerca la vicinanza, il dialogo e lo scambio, anche se a volte possono implicare disaccordo. Questo vale sia con neonati e bambini piccoli che con gli adolescenti. È impossibile essere in perfetta sincronia. Capiterà sempre un momento in cui non sappiamo a cosa attribuire un pianto, come rispondere ad un dato bisogno, come gestire un capriccio, come consolare o aiutare per una delusione o avversità. Ma la perfezione non ci è richiesta. Winnicott non parlava di una mamma perfetta come caposaldo della crescita sicura di un bambino, ma di madre sufficientemente buona. E ora che i ruoli genitoriali sono maggiormente sfumati e la partecipazione di entrambi i genitori alla crescita è diventata una prassi più diffusa, potremmo allargare il concetto a comprenderli entrambi come sufficientemente buoni. Genitori esausti che alzano la voce per un momento di crisi, non riescono a contenere un capriccio o anelano un secondo di riposo, non dovrebbero autobiasimarsi. Le rotture esistono, i crolli anche, le difficoltà pure. Non saranno isolati momenti critici a creare danni ai bambini o alla relazione, se seguiranno momenti di riparazione. Se c’è la ricerca di ricucire gli strappi, siamo già a metà dell’opera. Con questo non intendo assolutamente giustificare eccessi o sconfinamenti oltre l’ammissibile. Un conto è alzare la voce o avere qualche difficoltà, un altro è degenerare in violenza (verbale o fisica che sia) o in trascuratezza. C’è una linea che non va mai valicata e che, se malauguratamente si supera, richiede una immediata ricerca di aiuto concreto. Se ci rendiamo conto che non si tratta più di sporadiche rotture, ma di continue e reiterate difficoltà, corriamo ai ripari e chiediamo supporto. Questo non ci renderà degni di biasimo, ma al contrario competenti e responsivi.
(Dott.sa Rossana Raso)www.psicologaaosta.com