Carne Blu Belga: richiesta perizia su intercettazioni in patois
L'inchiesta Blu Belga ruota attorno a un presunto traffico di bovini che, partendo dal biellese, ritornavano in Piemonte, in alcuni centri di ingrasso della provincia di Cuneo, dopo essere transitati per la Valle dAosta dove venivano applicati loro marchi auricolari appartenenti a bovini di razza valdostana
Il giudice monocratico del tribunale di Aosta Marco Tornatore ha disposto una perizia su alcune intercettazioni telefoniche realizzate nell’ambito dell’inchiesta Blu Belga, un presunto traffico di bovini che, partendo dal biellese, ritornavano in Piemonte, in alcuni centri di ingrasso della provincia di Cuneo, dopo essere transitati per la Valle dAosta dove venivano applicati loro marchi auricolari appartenenti a bovini di razza valdostana . Il perito avrà 30 giorni per tradurle dal patois. Il processo riprenderà il 15 dicembre. Sono imputati Guido Chaussod, (63) di Nus – sue le intercettazioni oggetto della perizia – Paolo Consol (63) di Issime, Cassiano Treboud (43) di La Salle, Marco Cerise (39) di Sarre, Piergiorgio Colleoni (48) di Fontainemore. In udienza preliminare, altri quattro imputati avevano patteggiato e un quinto era stato condannato. Le indagini avevano coinvolto allevatori, intermediari, commercianti e un veterinario. A vario titolo venivano contestati anche il maltrattamento e l’uccisione di sei capi di bestiame, lo smaltimento illecito di 17 carcasse, il ritrovamento di 38 forme di formaggio “insudiciate”.
Il filone principale
Da quanto emerso nell’ambito del filone principale dell’inchiesta, diversi allevatori valdostani avrebbero prelevato nel biellese bovini della pregiata razza Blu Belga (almeno una quindicina), a cui – una volta in Valle – sarebbero stati applicati marchi auricolari in realtà appartenenti a bovini di razza valdostana, nel frattempo deceduti o macellati clandestinamente per farli sparire. A questo punto i nuovi bovini, falsamente certificati come valdostani, sarebbero stati rivenduti come incroci ad alcuni centri di ingrasso nel cuneese, operazione che – secondo gli inquirenti – avrebbe permesso agli allevatori di realizzare importanti plusvalenze (sul mercato un bovino di razza Blu Belga vale molto di più perché molto più richiesto rispetto a uno di razza valdostana), anche alla luce del fatto che, essendo la Valle d’Aosta indenne da malattie infettive soggette a profilassi di Stato come brucellosi e rinotracheite, in qualche caso agli allevatori si sarebbe presentata la possibilità di eludere i controlli sanitari.
I filoni secondari
Va da sé che, in un simile contesto, la carne macellata nei centri piemontesi – e finita nell’ambito della grande distribuzione di buona parte del Nord Ovest Italia – fosse in realtà priva della benché minima tracciabilità, senza dimenticare che nelle pieghe dell’indagine vennero portati alla luce anche illeciti relativi alla gestione del ciclo dei rifiuti (allevatori che, per risparmiare sui costi di smaltimento, hanno preferito gettare le carcasse di almeno 17 bovini nelle concimaie) e inerenti alla non corretta produzione e conservazione di formaggi (38 forme «cariche di parassiti» conservate in «magazzini insudiciati»), oltre alla somministrazione ad almeno due bovini (tra cui sicuramente una reina) di fiale di Prontogest, farmaco a uso umano a base di ormoni.
(re.newsvda.it)