Lutto: oggi a Borgomanero l’ultimo saluto a Franco Ormea
Bancario con la passione per il giornalismo, amava la Valle d'Aosta e lo sport, che ha raccontato per anni in modo attento e mai banale sulle colonne di Gazzetta Matin
Se l’è giocata con tutte le sue forze, ma questa volta l’avversario è stato troppo più forte di lui. Franco Ormea (foto) se n’è andato a 73 anni a mezzanotte di giovedì nella sua Borgomanero (dove oggi, lunedì 26 giugno, alle 10 ci saranno i funerali), ma a piangerlo – assieme alla moglie, al figlio, alla famiglia e agli amici – è anche la Valle d’Aosta, regione alla quale era profondamente legato da un rapporto di amore sincero. E i lettori valdostani hanno avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo per la sua attività di collaboratore di Gazzetta Matin, testata per la quale ha scritto fin dal primo numero nel 2002.
Proprio la sincerità e la schiettezza, unite alla simpatia e all’intellingenza sono le prime qualità che mi vengono in mente quando penso a questo istrionico e brillante bancario con la vocazione per il giornalismo. Ed è grazie alla sua grande passione per la carta stampata che ho avuto la fortuna di conoscerlo all’inizio del nuovo millennio. Franco Ormea è stato un giornalista attento, ma soprattutto innamorato di questa attività che ti permette di seguire avvenimenti e raccontare storie, all’apparenza tanto normali, che possono riempire il cuore e creare emozioni. Franck è sempre stato la personificazione dell’inviato di un giornale locale: non gli piaceva raccogliere notizie al telefono (ma a volte lo usava per chiamarti all’improvviso per conoscere gli sviluppi di questa o quella notizia che aveva saputo dalla sua residenza novarese) o tramite agenzie, perché era fatto per stare sul campo, non necessariamente quello da calcio, che, comunque, tra gli sport, era il suo preferito. In quindici anni di collaborazione, dopo la chiusura della parentesi al seguito dell’Ivrea, ha seguito le principali squadre “pallonare” valdostane impegnate in trasferta in Piemonte e Lombardia, ma anche il Trofeo Mezzalama di scialpinismo, la Monterosalauf di fondo, gare di sci alpino, podismo, skyrunning, partite di pallacanestro e chissà quali altre discipline che al momento non mi vengono in mente.
Il suo impegno si allargava anche agli altri settore del giornale, in particolare alla cronaca locale dalla Valle del Lys, avendo lui allungato le sue radici a Gressoney-St-Jean, dove aveva una casa che raggiungeva appena poteva. Non poneva limiti, né di argomento né di distanze (così come il rispetto delle righe da scrivere era un optional), perché aveva nel sangue il talento per la cronaca, il racconto, l’approfondimento, l’intervista. Anche quando la malattia ha iniziato a mettergli degli ostacoli sulla sua strada (fin da subito molto alti), non ha mollato, andando avanti quando le forze glielo permettevano e ancora a novembre, dopo mesi di assenza e alcuni delicatissimi interventi, aveva seguito la trasferta dello Charvensod nella sua Borgomanero.
Alla faccia della carta di identità e degli acciacchi, era rimasto giovanissimo nell’animo e aveva tanto entusiasmo da far invidia alla giovani leve. In redazione passava di rado, ma quando arrivava sapeva attirare l’attenzione con la sua ironia, unita a una visione molto lucida della realtà. Parlare con lui era piacevole e, soprattutto, mai banale.
Pensare che non ci sia più è tanto strano quanto triste, perché la sua presenza, anche se spesso da lontano, è stata una delle costanti di Gazzetta Matin. Provando a guardare con occhi romantici questo momento di dolore, potrei pensare che, da giornalista dal grande cuore granata, adesso avrà già cominciato a cercare Valentino Mazzola, Gigi Meroni, Giorgio Ferrini, Orfeo Pianelli e gli altri miti del Toro che sono passati oltre per ottenere un’intervista esclusiva, ma, visto che viviamo nel mondo reale, mi ritrovo con gli occhi lucidi a salutare un caro amico e una persona perbene che non c’è più.
(davide pellegrino)