Musica per pochi con Lou Rhodes
Prima di andare in scena, Lou Rhodes dev’essersi chiesta perché un teatro così grande per così poche persone. Oppure si è chiesta se fosse colpa della neve, dell’inverno che impigrisce o di queste montagne che sembrano isolare la Valle D’Aosta dal mondo, fatto sta che ieri sera, 13 gennaio, al teatro Splendor, erano pochi i fortunati spettatori del concerto dell’artista inglese. Dimenticatevi le note del duo Lamb che ha reso famosa la cantante: nella sua nuova fase da solista, Lou Rhodes fa da sé, esplorando e sperimentando, e di certo i suoi musicisti riescono ad amplificare in maniera egregia il talento della cantautrice che, nonostante proponga pop folk molto intimista, riesce a catturare il pubblico e a portarlo lontano. Il percorso è chiaro e tracciato: Lou Rhodes non è più la metà dei Lamb, ma ha trovato e creato un percorso tutto suo. In Sea Organ sembra voler chiamare alle armi tutti coloro che dimostrano una certa sensibilità ecologista, mentre in All the birds il tema della ricerca dell’amore è prepotente e avvolgente. In scena sul palco dello Splendor l’inglese ha portato Theyesandeye, il suo ultimo lavoro, ispirato in larga parte alla natura e al mondo meraviglioso che circonda l’uomo e che spesso, per via della frenesia del mondo moderno, quest’ultimo perde di vista. Lune piene che si legano in maniera imprescindibile alla donna, vastissimi mari aperti verso l’infinito e foreste impraticabili dove l’uomo si perde e si lascia andare alla parte più intimista di se stesso. Oltre alle sue composizioni l’artista ha regalato al pubblico Angels, una cover del trio britannico The XX e Hey That’s no way to say goodbye, del celebrato Leonard Cohen, a pochi mesi dalla sua scomparsa. (alessandra borre)