Rocco Schiavone, Manzini: «scrivo libri, le polemiche non mi interessano»
Al teatro Splendor sono arrivate circa 300 persone ieri sera, lunedì 28 novembre, per la serata dedicata agli sceneggiatori della fiction di Rai 2 Rocco Schiavone. Antonio Manzini – dalla cui penna è nato il vice questore romano – e Maurizio Careddu – soggettista e sceneggiatore – tra battute, risate e un’analisi del lavoro svolto hanno accompagnato il pubblico aostano nella serata moderata da Piero Valleise.
Antonio Manzini è soddisfatto della trasposizione televisiva dei suoi romanzi? «La fiction mi è piaciuta molto. Hanno centrato il personaggio e il suo stato d’animo. Mi piace molto come Giallini interpreta Rocco». Ha ritrovato anche negli altri attori i personaggi che si era immaginato? «Massimo Reale, l’anatomopatologo, è strepitoso. Ha trovato l’ironia giusta, ha capito come giocare con il suo personaggio. Bravi anche D’Argenio, Vismara e tutto il gruppo della Questura». Rocco Schiavone, però, ha creato polemiche ancor prima di iniziare e ha diviso il pubblico televisivo. Cosa ne pensa? «Non mi interessa. Io faccio un altro mestiere: io scrivo. C’è chi fa l’opinionista, chi fa il politico. Io scrivo libri, non mi interessano le polemiche». Durante la serata non sono mancati i racconti di alcuni aneddoti legati al momento della scrittura della sceneggiatura e all’amicizia che lega Manzini e Careddu da anni.
Careddu, quali sono state le difficoltà di lavorare con Antonio Manzini, se ce ne sono state? «Lui sapeva tutto. Rocco Schiavone è una sua creatura. La cosa bella di Antonio è che è sempre stato aperto ad ogni tipo di soluzione che portasse beneficio alla serie. Spesso lui voleva tagliare alcune parti e io, invece, volevo tenerle» – racconta Careddu. «Se fosse stato per lui ogni puntata sarebbe dovuta durare 320 minuti anziché 100»- incalza Manzini scherzando.
In Valle d’Aosta alcune persone non hanno trovato riscontro tra i luoghi descritti nei libri e di cui si parla nella fiction, suscitando alcune perplessità. Nella prima puntata, ad esempio, Rocco Schiavone indaga su un omicidio sulle piste di Champoluc, ma le riprese sono state fatte a Pila e Saint Nicolas. «Come in tutti i prodotti televisivi o cinematografici queste cose possono succedere. In questo caso si parla di luoghi, ma se pensassimo a una fiction su Giovanni XXIII nessuno si chiederebbe perché ad impersonare il Papa ci sia un attore e non il vero Giovanni XXIII. Il concetto fondamentalmente è lo stesso» – dichiara Manzini. Un altro elemento che ha colpito sono le atmosfere cupe. «A mio avviso la Valle sembra un posto quasi fatato, che però Schiavone male interpreta. Soavi ha usato le luci in maniera cinematografica, facendole diventare dei veri e propri personaggi» – racconta Manzini. «Aosta è cupa, ma è il posto in cui il protagonista è costretto a vivere, in contrapposizione con la città che ha lasciato: piena di luce, ma soprattutto di ricordi» – aggiunge Careddu.
Dopo il successo letterario quello televisivo. Quest’ultimo inaspettato. In molti si chiedono se ci sarà un seguito. «I romanzi se li sono beccati tutti, ne è rimasto fuori solo uno. Bisogna aspettare che si scriva qualcos’altro» – scherza Manzini. Una cosa è certa Rocco Schiavone andrà in Germania. «Noi ci siamo presi Derrick e mandiamo Schiavone, direi che con il cambio ci hanno guadagnato loro» -conclude ridendo Maurizio Careddu. Nella foto, da sinistra Antonio Manzini, Maurizio Careddu e Piero Valleise. Nella foto qui sotto, una parte del pubblico presente ieri sera al teatro Splendor (foto Pallu). (cecilia lazzarotto)