Botte tra vicini: una condanna e un’assoluzione
Una storia di ordinaria follia, fatta di botte – più precisamente di testate, pugni e morsi in faccia – e di un processo per minacce finito con un’assoluzione «perché il fatto non sussiste». Stiamo parlando del processo celebrato questa mattina davanti al giudice monocratico del Tribunale di Aosta, Davide Paladino, che ha condannato a quattro mesi di reclusione – oltre al pagamento di una provvisionale alla parte civile di 7.000 mila euro – Massimiliano Russo, aostano di 34 anni, assolvendo invece «per non avere commesso il fatto» il padre Angelo, 70 anni.Secondo quanto appreso, erano da poco passate le 23 del 23 aprile 2013, quando alla porta di Roberto Borrello, aostano di 47 anni, residente in via Grand-Eyvia, qualcuno suonò al campanello. O meglio, in linea puramente teorica davanti alla porta sarebbe dovuto esserci qualcuno, perché – molto probabilmente a causa di un falso contatto – il citofono fu accertato essersi attivato da solo.Soltanto una volta verificato che non c’era proprio nessuno, l’uomo svincolò il campanello. Troppo tardi, però, se è vero che il rumore provocato in tarda serata aveva ormai mandato su tutte le furie i vicini di casa, con il giovane Massimiliano Russo schizzato al piano di sopra per lamentarsi.Dalle parole ai fatti, il passo fu assai breve, visto che al 47enne fu quasi subito rifilata una violenta testata, per poi riportare diverse altre ferite lacero contuse a causa – tra gli altri – dei morsi inferti a entrambe le orecchie.Sulla scena dell’aggressione, secondo quanto inizialmente prospettato, avrebbe fatto irruzione anche il padre del 34enne, che avrebbe a sua volta assestato alcuni pugni all’uomo, anche se questa mattina – al termine della sua requisitoria – il sostituto procuratore Pasquale Longarini, oltre a chiedere la condanna di Massimiliano Russo a sei mesi di reclusione, ha chiesto l’assoluzione del padre Angelo «in quanto non abbiamo elementi per dimostrare che abbia materialmente concorso alla commissione del reato».Secondo quanto dichiarato dal legale di parte civile, l’avvocato Claudio Soro di Aosta, il suo assistito – referti medici alla mano – avrebbe riportato nell’aggressione traumi e ferite con prognosi superiore ai 40 giorni, andando ad appesantire un quadro psichico già precario, considerato che Borrello il 30 giugno 2012 era già stato vittima di un precedente pesante pestaggio in casa a opera di due aostani poi condannati sia in primo che in secondo grado.Dal canto suo, la difesa degli imputati – rappresentati dall’avvocato Pasquale Siciliano di Aosta – ha insistito sul fatto che «la frattura del setto nasale fu provocata nella prima delle due aggressioni, che non fu perpetrata dai miei assistiti», mentre Massimiliano Russo – nelle sue spontanee dichiarazioni – ha affermato: «In casa del Borrello quasi ogni sera c’erano schiamazzi, musica e urla, mio padre aveva appena avuto un infarto, l’errore più grande che abbiamo potuto fare è di non averlo denunciato prima. Quando gli feci notare il rumore, mi minacciò verbalmente, mi disse che se fossi salito mi avrebbe spaccato la testa. Quindi mi aggredì alle spalle, brandendo un’ascia, mi disse che mi avrebbe tagliato a pezzettini».Una versione, quella del Russo, ritenuta non veritiera dal giudice, anche sulla scorta di una precedente sentenza pronunciata dal giudice monocratico del Tribunale di Aosta, Marco Tornatore, che relativamente alla denuncia di minacce presentata dai Russo nei confronti del Borrello, assolse quest’ultimo «perché il fatto non sussiste» visto che l’ascia il Borrello la tenette sempre abbassata, «cercando di tenere a distanza con l’altra mano chi mi stava aggredendo», ha spiegato questa mattina in aula la parte civile. (pa.ba.)