Immigrazione: assolto dall’accusa di essere un passeur
Un ivoriano di 45 anni, Jean Baptiste N’Guessan, laureato in legge nel suo paese d’origine, da 22 anni in Italia con moglie e tre figli, operaio in una fonderia del Pavese fino a poco tempo fa, è stato assolto questa mattina dal Tribunale di Aosta in composizione collegiale dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina «perché il fatto non costituisce reato». N’Guessan venne arrestato durante un controllo al Traforo del Monte Bianco, perché sorpreso a trasportare due immigrati clandestini con documenti francese e svizzero falsi. «Non li conoscesvo, mi sono fidato perché erano amici di mia sorella, che vive in Svizzera, a Ginevra – ha raccontato l’imputato davanti ai giudici -. Erano venuti in Italia a fare spese, a Vicolungo, il mio compito era quello di prenderli alla stazione di Vigevano, dove vivo con la mia famiglia, e accompagnarli ad Annemasse, in Francia». Un racconto, quello di N’Guessan, a tratti «un po’ contorto, nel quale si asserisce che i due immigrati erano venuti in Italia per comprare generi alimentari, quando a Vicolungo negozi di generi alimentari non ci sono», ha sottolineato nella sua requisitoria il sostituto procuratore Carlo Introvigne, che aveva chiesto la condanna dell’imputato a 8 mesi di carcere e a 20.000 euro di multa, rammaricandosi però del fatto che l’ex legale di N’Guessan, oggi sostituito in aula dall’avvocato aostano Marco Bich, non abbia chiesto l’autorizzazione – nell’ambito della misura cautelare dell’obbligo di dimora a cui era sottoposto fino a oggi, mercoledì – per permettere al suo assistito di poter sconfinare dalla provincia di Pavia a quella di Milano, ad Abbiategrasso, dove nel frattempo si è trasferita la fonderia in cui lavorava. Mancata richiesta di autorizzazione che, di fatto, ha comportato il licenziamento dell’ivoriano dall’azienda in cui era assunto. Secondo quanto emerso in aula, Jean Baptiste N’Guessan – prima di caricare in auto i due clandestini – si sarebbe accertato della bontà dei loro documenti di identità. «Me li hanno mostrati, a me sembravano veri, non falsi – ha spiegato davanti ai giudici -. Ho scoperto che erano irregolari soltanto quando siamo stati arrestati, io vivo in Italia da 22 anni, ho famiglia e ho sempre lavorato. Per portarli in Francia l’accordo era che mi avrebbero pagato la benzina e l’autostrada». (pa.ba.)