Omicidio colposo, condannata la donna alla guida dell’auto contro la quale si schiantò Michel Cerise
E’ stata condannata a quattro mesi di reclusione (pena sospesa), oltre alla sospensione della patente di guida per un anno, Renza Dondeynaz, 60 anni, nel processo conclusosi questa mattina davanti al giudice monocratico del Tribunale di Aosta, Marco Tornatore.
La donna era imputata di omicidio colposo nell’ambito del fascicolo aperto dal sostituto procuratore Pasquale Longarini in merito alla morte di Michel Cerise, il 32enne osteopata di Brissogne deceduto nel pomeriggio del 3 agosto 2014 sulla strada statale 26 a cavallo dei comuni di St-Vincent e Montjovet, in corrispondenza del bivio per il villaggio di Champcillien.
Secondo quanto emerso nella discussione in aula, all’inizio della quale il legale difensore della donna, l’avvocato Maria Luisa Bravo di Ivrea, ha depositato quietanza di risarcimento alla famiglia del giovane, il sostituto procuratore Pasquale Longarini – che aveva chiesto la condanna dell’imputata a due mesi di reclusione – ha sostenuto come la signora Dondeynaz «ha provveduto alla svolta a sinistra senza essersi prima assicurata di non creare ostacolo a chi proveniva nella direzione opposta alla sua».
Il giovane di Brissogne, che in sella alla sua moto stava procedendo in direzione Aosta, a un certo punto – dopo avere sorpassato un’automobile che lo precedeva nella stessa direzione di marcia, benché nel tratto in questione fossero vietati i sorpassi – si trovò di fronte la vettura di Renza Dondeynaz, che «aveva ormai sostanzialmente concluso la svolta a sinistra» per imboccare la stradina che porta al villaggio di Champcillien, ha spiegato durante la sua arringa l’avvocato difensore dell’imputata, che chiedendo per prima cosa l’assoluzione della sua assistita «per non avere commesso il fatto», ha aggiunto: «Nell’ambito della consulenza disposta dalla Procura, il nostro consulente tecnico di parte ha fatto emergere due dati assolutamente oggettivi: la moto di Cerise procedeva a una velocità di 116 km/h, quando in quel tratto il limite prescritto è di 70 km/h, e la signora Dondeynaz non poteva vedere la moto al momento della svolta perché nemmeno l’unica testimone oculare dell’incidente, ovvero colei che era alla guida dell’auto sorpassata dalla moto poco prima dello schianto, aveva visto davanti a sé la Dondeynaz. La moto si trovava nel cosiddetto ‘cono d’ombra’ della visuale della Dondeynaz».
Una tesi, quella difensiva, non accolta dal giudice monocratico Marco Tornatore, che ha condannato l’imputata.
(pa.ba.)