«Vuoto normativo e vuoto culturale affossano il sistema tributario italiano»
«Il profitto non va criminalizzato, anzi va incoraggiato. Ben vengano i ricchi, ben venga chi ha prodotto ricchezza e perchè no, ne gode legittimamente» Quello che non va bene però è il profitto illegale, quello sì va combatttuto.
Il professor Bruno Tinti, ex magistrato, giornalista e scrittore (ha una rubrica, ‘Giustamente’ su Il Fatto Quotidiano ogni venerdì – giornale del quale è azionista, ndr) ospite del Sindacato unitario di polizia, ha tenuto una lezione sui crimini finanziari e sul sistema tributario italiano, stamane, all’auditorium dell’istituto per geometri.
Un momento formativo importante al quale hanno partecipato oltre un centinaio di poliziotti. Il professor Tinti ha citato l’articolo 53 della Costituzione (‘Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività’), «ahinoi tradito il giorno dopo essere stato scritto» – ha detto. «La Corte dei Conti ha calcolato nel bel Paese un’evasione fiscale di 160 miliardi di euro – ha spiegato il professor Tinti – dato che non risponde al vero secondo l’Eurispes, considerato che le stime dell’istituto di ricerca dicono che gli italiani spenderebbero almeno il doppio di quanto guadagnato – naturalmente tenendo conto del debito. Ciò significa che almeno 250 miliardi di euro sono sottratti a tassazione».
Chi evade quindi? E qui c’è un altro dato che fa riflettere: l’88% dei contribuenti è formato da lavoratori dipendenti e pensionati e il residuo 12% è formato da ‘altro’: professionisti, medi e piccoli imprenditori…
«Il sistema in Italia classifica lavoratori e popolo della partita Iva. Non è che il lavoratore non evade le tasse perchè educato dai Gesuiti – ha scherzato il professor Tinti – ma perchè le imposte lo Stato le ha già trattenute sulla sua busta paga. Un operaio alla Fiat guadagna da 1800 a 2000, poi però in busta se ne ritrova 1200. Altro discorso per il popolo delle partita iva dove vice l’autotassazione. E come sistema ci potrebbe pure stare – ha detto Tinti – peccato che i titolari di partita iva mentono e così pagano una miseria di imposte. Un esempio? Le tabelle che mostrano il reddito medio annuo di 35 mila euro di un avvocato, 25 mila euro di un medico, 12 mila euro per un ristoratore, altrettanti per un albergatore.
E poi gridiamo allo scandalo, protestiamo per la violazione della privacy quando sentiamo parlare di redditometro».
Il professor Tinti ha poi parlato dell’accertamento tributario, «che ti viene da piangere per come NON funziona – ha spiegato – senza considerare che solo il 10% delle dichiarazioni dei redditi vengono accertate, come dire che il 90% dei contribuenti ha la possibilità di evadere e non essere scoperto» – e mettiamoci pure i vari condoni e scudi fiscali che dal 1973 a oggi sono una quindicina e che in realtà sono molti di più perchè talvolta mascherati con ‘misure per la riduzione…’ Insomma il termine di cinque anni entro il quale lo Stato deve provvedere all’accertamento si riduce.
Tra condono, termini di decadenza e la piccola percentuale di dichiarazioni accertate quindi, il contribuente italiano non è sottoposto a controlli – spiega il professor Tinti – per non parlare, ad esempio dell’accertamento con adesione o del malaugurato caso nel quale ci si ritrova a giudizio, innanzi a un giudice tributario che commina una sanzione. Tra ricorso in Commissione Tributaria, ricorso di II grado e ricorso in Cassazione passano 12 anni. 12 anni dopo i quali ho un pezzo di carta che dice che devo allo Stato una certa cifra. Allora Equitalia va dal contribuente e il contribuente dice di non avere nulla. Ecco come funziona.
Equitalia non sa cos’è successo, sa solo di dover recuperare dei soldi dovuti e non ancora versati. Qualcuno però parla di Equitalia peggio della mafia, di Equitalia che porta al suicidio. E guardate che non è un discorso della Destra, è un discorso trasversale. Tutti ce l’hanno con il Fisco, in modo compatto.
Questa miopia non è ammissibile – spiega il professor Tinti – il Paese è arrivato a una degradazione culturale ed etica irreversibile. L’attività istituzionale è banalizzata da un giochetto guardie e ladri».
(cinzia timpano)